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Ospite: Antonio Socci / Argomento: Cristianesimo
Venerdì 15 febbraio 2008 è stato un onore e un immenso piacere per il Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese avere come ospite per la seconda volta lo scrittore-giornalista Antonio Socci. Anche il pubblico ha gradito l'illustre ospite, dato che circa 350 persone hanno riempito in ogni ordine di posto possibile la chiesa di Staggia Senese.
Sicuramente a farla da padrone, oltre il relatore, è stato anche l'argomento, ossia la presentazione del suo ultimo libro, "Il segreto di Padre Pio". A quarant'anni dalla sua morte, il santo di Pietrelcina fa ancora molto discutere e tutto ciò che riguarda la sua vita, i miracoli e le profezie, continua a dividere l'opinione pubblica. A tutti saranno note, per esempio, le polemiche insorte ultimamente riguardo alla riesumazione del corpo del santo, avvenuta proprio in questi giorni.
Perché quest'uomo fa tanto parlare di sé? Come può un piccolo frate pugliese attrarre nella sua San Giovanni Rotondo un numero di pellegrini pari a quelli di Lourdes e della Terra Santa sommati insieme? Qual è il segreto di Padre Pio? Credo che la risposta che Socci ha dato a questa domanda, durante la conferenza, sia stata molto semplice e racchiusa in una parola: Gesù.
Il desiderio più grande che Padre Pio serbava nel suo cuore era quello di portare con Gesù la croce del mondo e fin dalla prima Messa lui offre se stesso come vittima. Dio quindi si manifesta all'umanità attraverso questo cuore che lo ama profondamente e partecipa alla Passione del Suo Figlio e per tale motivo lo premia rendendolo partecipe della "signoria" di Gesù, donandogli quei carismi che solo un'anima pia e santa può meritare: la bilocazione, la capacità di scrutare i cuori, le stigmate, i miracoli, l'osmogenia (il profumo di rose, tipico dei santi, che si può sentire anche a centinaia di chilometri).
LA "LETTURA" DEI CUORI
Proprio come nell'episodio della samaritana in cui Gesù, pur non conoscendola, le "legge l'anima", così Padre Pio faceva con le centinaia di fedeli che si inginocchiavano al suo confessionale. Inoltre Padre Pio convertiva tanta gente, fra cui molti atei, massoni, comunisti, anticlericali, libertini, miscredenti sulla cui conversione nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Un esempio valga per tutti: l'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex 33 della massoneria. Tutto iniziò con la malattia della moglie: tumore senza speranza. La morte era certa e prossima. Il marito, affranto, le stava vicino in ospedale e l'assisteva. Ma un giorno lei, piangendo, gli chiese di andare a San Giovanni Rotondo per implorare da Padre Pio l'intercessione di un miracolo. Aveva tanto sentito parlare delle innumerevoli grazie che aveva propiziato. La signora sapeva che il marito era massone e accanitamente anticlericale, ma quella era la sua ultima speranza. L'avvocato Del Fante d'istinto ebbe una reazione irritata, beffarda. Ma quando la moglie disperata scoppiò a piangere a dirotto, per compassione verso le sue penose condizioni, decise di accontentarla: "Va bene, ci vado." Le disse. "E non perché ci credo, ma per giocare un terno al lotto". Parte dunque da Bologna e in un giorno arriva. Partecipa alla messa del mattino, fa la lunga fila delle confessioni e quando viene il suo turno, restando in piedi, senza inginocchiarsi, dice a padre Pio che voleva parlargli un minuto. "Giovanotto, non mi fate perdere tempo!" gli rispose. "Che siete venuto a fare, a giocare un terno al lotto? Se volete confessarvi inginocchiatevi, se no lasciatemi confessare questa povera gente che aspetta." L'avvocato fu interiormente abbagliato al sentirsi ripetere alla lettera, da padre Pio, quella stessa frase che aveva detto alla moglie due giorni prima e poi il tono del frate non ammetteva repliche. Quasi senza pensarci s'inginocchiò, ma non aveva neanche pensato ai suoi peccati, non sapeva che dire.
Per un attimo si sentì come una pagina bianca, ammutolito e col recondito timore che quel confessore gli ripetesse la scenata: "Invece, appena mi inginocchiai, il Padre cambiò voce e tatto: divenne dolce e paterno. Anzi, sotto forma di domande, mi svelava via via ogni peccato della mia vita passata e di peccati ne avevo tanti! Io ascoltavo col capo chino la domanda e sempre rispondevo: "Sì". Stupito e commosso, diventavo sempre più immobile. Alla fine Padre Pio mi chiese: "Hai nessun altro peccato da dire?". "No" risposi, convinto che, avendomeli detti tutti lui, che mostrava di conoscere perfettamente la mia vita, io non avessi altro da confessare. "Non ti vergogni?" cominciò con imprevedibile durezza: "Quella giovane, che tu poco tempo fa hai lasciato partire per l'America, ha avuto un figlio. E quella creatura è sangue tuo. E tu, sciagurato, hai abbandonato madre e figlio." Era tutto vero. Non risposi. Scoppiai in un pianto incontenibile. Non ne potevo più. Mentre, col volto nascosto fra le mani, piangevo, curvo, sull'inginocchiatoio, il Padre dolcemente mi poggiò il braccio sulle spalle e, avvicinandosi all'orecchio, mi sussurrò, singhiozzando: "Figlio mio, mi sei costato il meglio del mio sangue!". A queste parole sentii il mio cuore come spaccarsi in due, come da una dolcissima lama. Piangevo, curvo e, a tratti, alzando il volto bagnato di lacrime, gli ripetevo: "Padre, perdono, perdono, perdono!". Il Padre che aveva già il braccio sulla mia spalla, mi avvicinò di più a lui e cominciò a piangere con me. Una dolcissima pace pervase il mio spirito. D'un tratto sentii l'assurdo dolore mutarsi in incredibile gaudio. "Padre" gli dissi "sono tuo! Fa' di me quello che vuoi!" Ed egli, asciugandosi gli occhi, mi sussurrò: "Dammi una mano ad aiutare gli altri". Poi aggiunse: "Salutami tua moglie!". Tornai a casa, mia moglie era guarita".
Padre Pio riusciva a guadagnare anime al Signore in maniera rapidissima, a prezzo però di numerosissime sofferenze, anche fisiche. Alcuni testimoni raccontano che spesso, dopo qualche grazia concessa, il frate, per esempio, zoppicava o si ammalava gravemente.
LE STIGMATE
Il nostro è il secolo dell'incredulità, dell'apostasia, in cui l'umanità ha lanciato la sfida a Dio cercando di cancellarlo dalla Terra con il sangue. E proprio in quest'epoca insulsa, un uomo, per 50 anni, è stato "crocifisso" e stigmatizzato. La paura di questi segni è tale che ancora oggi si cerca di ridurlo a banale "pettegolezzo". Ma le stigmate di Padre Pio erano vere, un grande prodigio, non causate da uomo o da qualche strano acido. Si sa bene dalla medicina che le ferite o si cicatrizzano o si infettano: le stigmate del santo non hanno mai fatto né l'una né l'altra cosa. Sono state sempre aperte e hanno sanguinato costantemente, seguendo i tempi liturgici: durante la Messa, la Settimana Santa, al Venerdì Santo. Giorgio Festa, noto positivista laico, raccontò nei suoi resoconti che guardando nelle ferite di Padre Pio per due volte fu folgorato dalla luce e, quando portò a Roma le bende che avvolgevano le mani del santo, il sangue di cui erano intrise non solo non si era deteriorato ma profumava di rose. Un altro studioso laico del tempo, il dottor Bignami, decise di bendare le mani del Cappuccino e di apporre sulle bende dei sigilli di ceralacca in maniera tale che nessuno potesse manometterle. Dopo otto giorni le fasce furono tolte e le stigmate erano lì, più sanguinanti di prima, senza alcun segno di cicatrizzazione. E questi segni sono stati un prodigio anche nella sparizione. Padre Pio si vergognava delle stigmate e le ha vissute sempre con grande sofferenza morale, non perché non volesse condividere il dolore del suo amato Gesù, ma perché si sentiva indegno. Per questo chiese e ottenne dalla Madonna la grazia che a pochi giorni dalla sua morte sparissero. Fatto, anche questo, mai spiegato da un punto di vista medico e scientifico. Questo delle stigmate è un segno che parla ad una generazione di increduli, proprio come Tommaso al quale Gesù dice "metti qui le tue mani"; è un dono che risponde al desiderio di Padre Pio di amare nella gioia e nel dolore il Signore.
I MIRACOLI
C'è molta confusione su questo argomento. Tradizionalmente, la Dottrina della Chiesa ha sempre sostenuto che i miracoli e le profezie sono prove della Fede. Poi, col tempo, questa verità, proclamata dalla Chiesa per diciannove secoli e attestata solidamente dalla vita cristiana e dai tanti miracoli accaduti, si è andata affievolendo, tanto che oggi a parlare di miracoli è possibile vedere qualcuno arricciare il naso. E non si parla della gente semplice, del popolo che ha visto accadere di fronte ai propri occhi una quantità esorbitante di cose strepitose. Dagli atti del processo della causa di beatificazione di Padre Pio è possibile rilevare come tra il 1968 (anno della morte del santo) e il 1995 (anno di chiusura del processo) sono arrivati a San Giovanni Rotondo più di 500.000 ringraziamenti per Grazia ricevuta (con tanto di accertamenti medici), un fiume di persone che grazie all'intercessione del santo ha trovato sollievo dal proprio dolore e dalle proprie sofferenze. A storcere il naso sono i "grandi intellettuali" del nostro tempo, purtroppo anche cattolici, che avanzano il concetto della Fede Pura, una Fede, cioè, che non ha bisogno di prove o manifestazioni soprannaturali per esistere. Niente di più sbagliato! L'atto di Fede è riconoscere di essere amati da una persona e allo stesso tempo amare quella persona, non solo a parole, ma soprattutto nei fatti.
Pensiamo ad un marito che in venti anni di matrimonio non abbia mai fatto un regalo, mai un bacio, mai un saluto alla propria moglie: non si può certo dire che la ami. L'amore non può fare a meno dei segni fisici. Il Cristianesimo di per sé è proprio la religione di Dio che si fa carne, non un'idea campata in aria, non un messaggio senza sostanza. Dio è venuto tra noi nella carne, ha soccorso, sanato e guarito nella carne. Ed ha sconfitto la morte risorgendo nella carne. E non ha chiesto ai suoi discepoli di credere alla cieca alla Resurrezione ma ha chiesto loro di toccare con mano il suo corpo glorioso e risorto. Se Dio ha voluto far conoscere il suo amore attraverso la carne e i suoi segni vuol dire che noi, per nostra natura, abbiamo bisogno di conoscere l'amore in questo modo. S. Tommaso d'Aquino dice "non c'è niente che arrivi all'intelletto che prima non passi attraverso i sensi". Non a caso gli stessi Sacramenti, segno concreto dell'amore con cui Gesù ci abbraccia, ci sostiene, ci alimenta e ci fortifica, sono legati sempre a segni fisici: il pane, il vino, l'acqua, l'olio.
I miracoli sono connaturati alla Fede cristiana perché nel segno che sconvolge per un attimo le leggi di natura si manifesta una gran "signoria", prima fra tutti quella di Gesù e, sul suo esempio, di tutti i santi che attraverso di essi si sono fatti "nutritori" della Fede. I primi discepoli che seguirono il Maestro, lo fecero per lo stupore, il fascino, la bellezza di come lui si presentava. Ma all'inizio non capivano davvero chi lui fosse. Poi, a poco a poco, di fronte ai gesti che compiva, ai segni visibili, al fatto che Lui ordinava e placava le tempeste, prendeva la mano di una fanciulla appena morta e la riportava in vita, benediceva 5 pani e sfamava 5000 persone, hanno acquistato la certezza ragionevole che Lui era davvero il Figlio di Dio. A questo ci educano i miracoli, alla ragionevolezza della Fede. L'uomo è fatto di intelligenza e ragione, non può riconoscere come vera qualcosa senza ragionarci. I miracoli sono fatti razionali che possono essere vagliati scientificamente. Difatti, di fronte a tali avvenimenti, è in primis la scienza che stabilisce che il fatto non può essere spiegato secondo le comuni leggi naturali e fisiche; poi arriva la Chiesa che lo definisce "miracolo". La Chiesa ha un enorme stima per la ragione umana e mai potrebbe azzardarsi a sostenere un fatto come un miracolo se prima non ha passato il vaglio della scienza. Riguardo alla causa di beatificazione di Padre Pio esistono grossi fascicoli di referti, perizie, ecografie, diagnosi relative a ai tanti miracoli attribuiti al santo di Pietrelcina.
LA GUARIGIONE MIRACOLOSA DI MATTEO
Socci ha mostrato il grosso volume del miracolo scelto per la canonizzazione di Padre Pio. Secondo il Diritto Canonico, infatti, occorre un miracolo per la causa di beatificazione e uno per quella di canonizzazione. Il caso preso in esame è quello eclatante di Matteo Pio Colella. Il fanciullo, che ha solo sette anni e vive a San Giovanni Rotondo con la famiglia, la mattina del 20 gennaio 2000 va tranquillamente a scuola come ogni giorno. Ma la maestra Concetta Centra si accorge dopo qualche ora che sta male (brividi, testa inclinata verso il banco, incapacità di parlare). Vengono chiamati subito i genitori. Sono le 10.30. Il bimbo ha la febbre a 40° e comincia a vomitare. Alle 20.30 della sera quando Matteo non riconosce più la madre tutto si fa più concitato. Si provvede al ricovero immediato alla Casa Sollievo della sofferenza, l'ospedale di padre Pio dove il padre di Matteo, Antonio lavora come medico. Le condizioni del bambino appaiono subito disperate. Viene fatta una diagnosi di meningite fulminante. Anzi, per la precisione, nel giro di qualche ora il quadro si fa devastante: meningite acuta con andamento rapidamente progressivo per il determinarsi di uno shock settico e profonda compromissione degli apparati cardiocircolatorio, renale, respiratorio, emocoagulativo, con acidosi metabolica. Il bimbo viene portato in rianimazione.
In pratica fin dal primo giorno vari organi vitali sono risultati compromessi. Nel giro di poche ore, al mattino del 21 gennaio, la situazione precipita drammaticamente con "uno stato collassiale, ipertermia, difficoltà respiratoria per desaturazione di ossigeno". Si manifestano "segni quali cianosi intensa, edema polmonare, gravissima bradicardia per la grave ipossemia e acidosi metabolica".
I medici ormai disperati si affannano e si agitano attorno al bambino, aumentando al massimo i dosaggi farmaceutici, ma il grave collasso cardiocircolatorio, la difficoltà a ossigenarsi nonostante la ventilazione meccanica, la sofferenza renale e la grave alterazione del sangue, fanno ormai pensare al peggio. Appare tutto inutile. Uno dei dottori – dopo essersi prodigato in ogni modo – a un certo momento, desolato, si ferma e dice: "Ragazzi, non c'è più nulla da fare, il bambino non si riprende". Si toglie i guanti, va a lavarsi le mani e torna al fianco del fanciullo, con la dottoressa Salvatore, a guardare, ormai impotente, il piccolo Matteo. La dottoressa a questo punto incita a fare un ultimo, disperatissimo tentativo, come farebbe un padre di fronte al figlio. Fu così iniettata una forte dose di adrenalina che sortì qualche piccolo effetto, ma senza poter assolutamente cambiare la situazione ormai tragica del bambino. Il decesso era atteso da un momento all'altro. Si legge nella "Fattispecie cronologica" del caso (negli atti del processo di canonizzazione di padre Pio): "Il dottor Violi passando in rassegna la fisiopatologia di questa devastante sindrome, ha dimostrato come quando gli organi insufficienti sono in numero superiore a cinque, le varie terapie impiegate risultano inutili, o comunque non hanno mai risolto alcun caso. Non risulta che nella letteratura internazionale ci sia alcun sopravvissuto affetto da tale patologia come quella del piccolo Matteo Pio Colella. Insomma non viene descritta alcuna sopravvivenza, infatti in tal caso la mortalità è del 100 per cento". La madre, il padre, i familiari sono da anni devoti di padre Pio. Si mette in moto una grande catena umana di preghiere al padre perché interceda. La mamma del bambino, raggiunta al telefono dalla maestra che chiede di sapere, riesce solo a dire, con la voce strozzata dalle lacrime: "Preghiamo padre Pio, perché stiamo perdendo Matteo". Anche tutti i bambini della scuola iniziano a invocare il padre. Così i frati, i parenti, gli amici, gli stessi medici e gli infermieri della "Casa". Qualche parente addirittura si riavvicina a Dio per implorare il miracolo per il piccolo Matteo. Si susseguono in quelle ore concitate le visite alla tomba del padre, i rosari, le reliquie portate a contatto con il bambino, le lacrime e le invocazioni accorate.
E la mattina del 21 gennaio "improvvisamente accade qualcosa di straordinario e con l'incredulità di tutti", perché "gli organi del bambino riprendono a funzionare". C'è clamore, commozione, stupore. Il fenomeno è doppiamente sorprendente, perché già le speranze di sopravvivenza erano pari a zero, ma nel caso remoto di sopravvivenza certi erano i gravi danni cerebrali e renali che il bimbo avrebbe comunque riportato. Invece qua il bambino, dopo essere stato dieci giorni sedato e curarizzato, addirittura il 31 gennaio si sveglia, guarda medici e infermieri e dice: "voglio il gelato". Poi comincia a scherzare con loro. Domenica 6 febbraio il piccolo, ancora in rianimazione, guarda tranquillamente la televisione e gioca alla play-station (introdotta "per la prima volta nella storia della medicina" in rianimazione perché i medici sono interessati a vedere "la risposta intellettiva" del fanciullo). I medici, ovviamente felici, si trovano davanti a qualcosa di inaudito, sconcertante. I genitori e gli amici in una gioia travolgente.
Tutti i medici hanno dichiarato l'inspiegabilità scientifica della guarigione (e della mancanza di danni). Uno per tutti, il Dottor Alessandro Villella: "non sono in grado di spiegare scientificamente la completa guarigione del piccolo Matteo Colella, senza dover pensare che possa esservi stato un intervento soprannaturale".
Molto bella è la testimonianza data dalla madre al postulatore della causa di canonizzazione di padre Pio: "qualunque sarà la decisione degli uomini su questo caso, la mia convinzione profonda di mamma e di credente rimarrà che mio figlio è tornato a noi perché il Signore immeritatamente ce l'ha restituito, è intervenuto a consolarci nella sua immensa misericordia, con l'intercessione del nostro caro Padre Pio".
La signora riferisce di segni inequivocabili della vicinanza del padre (per esempio un intenso "dolcissimo e gioioso" profumo di rose e viole da lei avvertito) e aggiunge: "Solo il Signore sa il senso di tutto ciò che è accaduto alla nostra famiglia. La mia certezza è che Egli ci è stato vicino e ci ha benedetti, grazie anche alla intercessione e alla preghiera amorevole di Padre Pio che, della sua missione sulla terra, diceva: 'Come sacerdote la mia è una missione di propiziazione: propiziare Iddio nei confronti dell'umana famiglia'. E così è stato, caro Padre Pio, ci hai abbracciati nella prova e ci hai raccomandati a Dio".
E il piccolo Matteo? Ricorda nulla di quelle ore di incoscienza? Per la medicina egli non doveva sentire, né vedere nulla, tantomeno ricordare qualcosa. Ma interpellato subito dopo il suo risveglio, Matteo riferì invece un ricordo molto preciso e sconvolgente: "Durante il sonno io non ero solo. Ho visto un vecchio. Mi sono visto da lontano, in questo letto, attraverso un buco tondo. Io ero vicino ai macchinari e un vecchio con la barba bianca e vestito lungo e marrone, mi ha dato la mano destra e mi ha detto: 'Matteo, non ti preoccupare, tu presto guarirai', e mi sorrideva".
Questo è un fatto o un'opinione di Fede? Perché l'accusa che fanno a noi credenti è questa: "tu credi ai miracoli perché hai Fede". NO! È esattamente l'opposto. Infatti contra factum, non valet argumentum cioè "contro un fatto, non valgono i ragionamenti". I miracoli sono fatti, non è necessaria la fede. Essi semmai rendono ragionevole la Fede e la nutrono. Certamente non è detto che da un segno del genere scaturisca la Fede perché questa è un dono di Dio, ma di sicuro deve far riflettere. Anche il più scettico non può, razionalmente, non porsi delle domande. Del resto "chi crede ai miracoli" scriveva Gilbert K. Chesterton "lo fa perché ha delle prove a loro favore; chi li nega lo fa perché ha una teoria contraria ad essi".
CONCLUSIONI
In conclusione ciò che Padre Pio, con la sua vita e testimonianza, ha voluto veramente farci capire è che il miracolo più grande, in ogni caso, è il fatto che Dio, attraverso questi segni e umili servitori come lo è stato lui, ci mostra il suo amore e cerca la conversione dei cuori. La nostra condizione umana è di per sé una condizione malata perché mortale, fragile, soprattutto nell'anima. La vera e grande guarigione, che attraverso questi fatti è stata portata per tutti, sani nel fisico e malati, è quella del cuore, quella che ci regala la felicità eterna. È un miracolo così potente che consente all'uomo di vivere con serenità anche la malattia e il dolore e di vincere la morte e la fragilità della nostra natura in maniera definitiva.
PER APPROFONDIRE
- Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, ed. Rizzoli, 2008
- www.antoniosocci.com (il sito ufficiale di Antonio Socci)
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