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La 108° conferenza del Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese è stata organizzata il 29 aprile ed ha visto protagonista lo psicologo e psicoterapeuta Roberto Marchesini che ha presentato il suo libro "Codice Cavalleresco per l'uomo del terzo millennio".
Nel suo precedente libro "Quello che gli uomini non dicono" aveva descritto la crisi moderna della virilità che ha reso gli uomini insicuri, indecisi, dipendenti dal giudizio altrui, rosi dagli scrupoli e dai sensi di colpa, edonisti e completamente dipendenti dallo smartphone che tengono in mano tutto il giorno come un idolo.
Uomini divisi tra il doverismo, cioè così presi dal senso del dovere da dimenticare lo svago e il piacere, e il completo egoismo che li priva di qualsiasi senso di responsabilità.
Marchesini ha offerto agli uomini presenti un codice da scegliere volontariamente, composto da una serie di valori a cui tendere per vivere una vita pienamente realizzata, mettere a frutto i propri talenti e sentirsi orgogliosi di se stessi. Solo così è possibile smettere di accontentarsi di una dose di piacere momentaneo e trovare il proprio posto nel mondo e quindi la vera gioia di vivere.
IL CORAGGIO
La prima virtù dell'uomo virile è quella del coraggio. Essere coraggiosi non significa non avere paura di fronte al pericolo o essere avventati, ma essere pronti ad affrontare le situazioni di pericolo nonostante la paura. Essere pronti a sacrificarsi, persino a morire per proteggere i più deboli. Non a caso l'esempio più calzante di coraggio è quello di Gesù che va incontro volontariamente e non senza paura alla croce e alla morte per la salvezza di tutti. L'uomo, per sua natura, è più pesante, più forte, più veloce rispetto alla donna; per questo più adatto alla guerra. Ciò non vuol dire che ami la guerra, ma è pronto a sacrificarsi se c'è da combattere. Il coraggioso è prudente, cioè risoluto nel ricercare il bene e saggio per capire dove questo si trova ma anche pronto a prendere posizione una volta trovato. Al contrario di ciò che sosteneva don Abbondio ne "I Promessi Sposi", non si nasce coraggiosi o paurosi. Il coraggio ci si può dare, praticando piccoli atti di coraggio quotidiani.
LA SINCERITÀ
La seconda virtù è la sincerità. Oggigiorno essere sinceri rappresenta il più grande gesto di coraggio, sia perché la menzogna è divenuta tanto diffusa da sembrare normale, sia perché il politicamente corretto impone di non ferire i sentimenti altrui. La verità è spesso scomoda e può mettere a rischio la propria reputazione, la carriera o persino la propria vita. San Giovanni Battista e San Tommaso Moro sono due massimi esempi di affermazione della verità a costo della propria vita. Entrambi decapitati per voler ribadire l'indissolubilità del matrimonio e la fedeltà coniugale al potente di turno che invece voleva vivere senza la legge di Dio.
L'ONORE
La terza virtù è l'onore. Parola desueta, al massimo usata in modo ironico. Nella nostra società moderna, laica e razionalista, basata piuttosto sulla reputazione, non c'è posto per l'onore. Spesso chi vuole piacere a tutti deve rinunciare a comportarsi in modo onorevole pur di conservare la propria reputazione. Quest'ultima ci impone di agire come si aspettano gli altri mentre l'onore ci impone di farlo per salvaguardare la nostra dignità.
LA LEALTÀ
Altra parola scomparsa dalla nostra società è lealtà. Lealtà alla parola data o alle promesse fatte. L'esempio eclatante lo troviamo nel matrimonio, promessa solenne e pubblica che sempre più viene disattesa e tradita. Nel matrimonio si promette amore e fedeltà anche quando le cose vanno male con la formula "nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia". Ovviamente anche la fedeltà ha un prezzo e oggi nessuno viene più educato a pagare per le proprie scelte. Quando l'8 settembre 1943 l'Italia si arrese alle forze anglo-americane, i soldati italiani arrestati dai tedeschi furono messi di fronte a una scelta: continuare a combattere a fianco dei tedeschi o essere deportati nei campi di prigionia in Germania. Solo il 10% accettò di combattere al fianco dei tedeschi; tutti gli altri preferirono restare fedeli al proprio giuramento. Tra questi ricordiamo Giovannino Guareschi che tenne sempre fede alla parola data al re, nonostante questo non avesse tenuto fede alla propria. Perché "un uomo vale quanto la sua parola", scrisse Evfrosinja Kernoskja, fuggita dalla Siberia dove era stata deportata.
Esiste un periodo storico in cui questi valori (coraggio, onore, lealtà) si sono incarnati in modo esemplare e cioè nella cavalleria medievale. Il cavaliere, incaricato di difendere i più deboli dalle vessazioni, veniva scelto fra i migliori: alto, bello, agile, prode, ricco di qualità fisiche e morali. Egli non aveva privilegi ma doveri.
Il suo comportamento era coraggioso in battaglia quanto gentile a corte, dove l'atteggiamento richiesto era la cortesia, da cui il nome. Altra virtù da riscoprire per l'uomo del terzo millennio, la cortesia comprende eleganza, lealtà, umiltà, generosità e soprattutto un atto di vassallaggio nei confronti di una dama, anziché di un signore. Il cavaliere metteva a disposizione della dama le sue qualità cavalleresche ed aveva con lei un patto di reciproca fedeltà e lealtà. È in questo periodo che la dama acquista una nuova dignità, perché da MULIER (essere umano di sesso femminile), diventa DOMINA (signora), la cui contrazione ha dato luogo al termine italiano DONNA. Le dame non accettavano l'amore di un uomo finchè questo non si fosse cimentato per tre volte in duello, rischiando la propria vita. Si serbavano caste, esigendo che anche i propri corteggiatori si comportassero allo stesso modo e così li motivavano ad essere più nobili, più signori.
Quei gesti che oggi chiameremmo appunto di cavalleria verso una donna (aprire lo sportello della macchina o accompagnare la sedia mentre lei si siede), traggono origine proprio dalla cavalleria medievale e stanno a significare che l'uomo mette a disposizione di quella donna le proprie doti e la propria protezione.
LA FRANCHEZZA
Altra virtù tipicamente cavalleresca è la franchezza. Franco significa sincero, leale ma anche libero, forte, solido. San Francesco D'Assisi fu battezzato Giovanni, ma il padre lo chiamò Francesco perché voleva che incarnasse l'ideale cavalleresco. Cosa che di fatto fece, partecipando alla guerra di Perugia, alla quinta crociata ma soprattutto seguendo l'esempio di Cristo fino alla morte.
Infine, quando gli uomini non erano impegnati a dimostrare il loro valore in guerra, lo facevano in quello che era chiamato diporto, ciò che oggi chiamiamo sport. Lo sport è un ottimo modo per esercitare le virtù cavalleresche e un ottimo strumento educativo per insegnare ai ragazzi questa virtù. Oggigiorno, nel nostro mondo politicamente corretto, si tende a demonizzare la competizione, perché è vista come sopraffazione sugli altri. In realtà nello sport l'avversario non è quello davanti a noi ma quello dentro di noi: le nostre paure, insicurezze, limiti auto-imposti. La persona che sta davanti a noi si presta generosamente per darci la possibilità di esprimere il meglio di noi, ci fa un favore.
Ecco, quindi, come essere più attraenti per le donne: sviluppare a pieno il potenziale che Dio ha donato a ciascun uomo facendolo nascere maschio.
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