Conferenza n.38 del 12 marzo 2010
Ospite: Giovanni Formicola / Argomento: Storia

I MARTIRI SPAGNOLI, VITTIME INNOCENTI DELLA FURIA ANTICATTOLICA
Cosa è successo davvero dal 1936 al 1939

Nel 2007, Benedetto XVI ha beatificato quasi cinquecento persone in un sol colpo. Nemmeno sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, che pure fu recordman di beatificazioni e canonizzazioni, arrivò a un massimo di 233 in un solo gruppo, nel 2001. E, guarda caso, anche allora si trattava di martiri della guerra civile spagnola.
Il Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese ha organizzato il 12 marzo 2010 un incontro dal titolo "I MARTIRI CRISTIANI DELLA GUERRA DI SPAGNA. Cosa è successo davvero dal 1936 al 1939". Era presente un relatore veramente di eccezione: il professor Giovanni Formicola, responsabile regionale di Alleanza Cattolica, già membro del Comitato per la Bioetica della Regione Campania. Questo grande esperto della Guerra di Spagna ha parlato dei numerosi agnelli innocenti della causa di Cristo che caddero vittime in odio alla loro fede durante la feroce persecuzione religiosa che contraddistinse la Guerra Civile Spagnola negli anni ‘30 del XX secolo. In questa sanguinosa strage che attraversò la Spagna, il numero delle vittime superò il milione, colpendo persone di ogni età e classe sociale: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici di ambo i sessi. E’ stato ormai appurato da parte degli storici che, all’interno di questo terribile massacro, gli anarchici ed i social-comunisti perpetrarono una vera e propria persecuzione volta ad annientare la Chiesa Cattolica in Spagna.
Del resto Cristo fu perseguitato a morte, e continua ad esserlo nella Chiesa: «Io sono Gesù, che tu perseguiti», disse il Signore a Saulo, persecutore dei primi cristiani (At 9, 5). La Chiesa ha avuto martiri in tutti i secoli della sua storia; li ha anche nel nostro secolo, e tra essi si trovano quelli della Spagna negli anni 1934 e 1936-39. Vengono chiamati martiri della guerra di Spagna; ma ciò è una connotazione cronologica piuttosto che una qualificazione politica: non si tratta di caduti di guerra, ma di persone uccise per la loro fede, in circostanze in cui si ravvisano tutte le componenti del martirio cristiano.
I martiri furono uccisi dopo lo scoppio della rivoluzione nelle Asturie nel 1934 e della guerra civile il 18 luglio 1936, ma furono vittime di una persecuzione annunciata, caldeggiata e demagogicamente alimentata negli anni precedenti. Non si tratta di episodi sporadici, ma di una persecuzione generale. La rivoluzione del 1934, una sollevazione di sinistra contro il governo repubblicano, durò soltanto dieci giorni: in questo periodo vennero uccisi 12 sacerdoti, 7 seminaristi e 18 religiosi (passionisti, maristi, Fratelli delle Scuole Cristiane, della Missione, gesuiti e carmelitani scalzi), e furono incendiate 58 chiese; altrettanto sarebbe successo nel resto della Spagna, se i focolai della rivolta non fossero stati rapidamente spenti. Furono risparmiate le suore e non si registrano morti di cattolici per la loro fede. Queste limitazioni però non si ebbero dal 18 luglio 1936 in poi; la semplice statistica, incompleta nonostante rigorose ricerche, è sconvolgente: sono stati contati, secondo i calcoli più affidabili, 4.184 sacerdoti diocesani (includendo i seminaristi), 2.365 religiosi e 283 suore, che fanno un totale di 6.832 vittime (non ci sono statistiche dei laici assassinati per il solo fatto di essere cattolici, ma sono anche essi numerosissimi).
La maggior parte delle uccisioni ebbe luogo durante il primo anno della guerra. Quando, il 14 settembre 1936 Pio XI parlò per la prima volta della persecuzione religiosa in Spagna, il numero si avvicinava ormai a 6.500. Fu la dettagliata descrizione della persecuzione in atto a provocare l’adesione moralmente unanime dell’episcopato mondiale alla lettera collettiva del 1° luglio 1937, pubblicata al loro indirizzo dai vescovi spagnoli che lamentavano la strage in atto in Spagna.
Come si spiega questa esplosione generalizzata di accanita persecuzione contro la Chiesa Cattolica in Spagna?
Il clima anti-cattolico si era andato sviluppando con la tolleranza e all’ombra della politica antiecclesiastica praticata dai governi della Repubblica dal 1931 fino al 1936. Il nuovo regime imposto con la forza delle armi, ma dopo le elezioni amministrative del 1931, era stato accettato dai vescovi, senza eccezioni, proclamando la dottrina dell’indifferenza delle forme di governo ed esortando i cattolici all’ubbidienza ai poteri costituiti; tra i cattolici stessi si contavano molti repubblicani. Ma dopo un mese cominciarono a sfumare le speranze di pacifica convivenza e collaborazione tra la Chiesa e lo Stato: il primo drammatico episodio fu l’incendio programmato  di un centinaio di chiese e conventi a Madrid, Valenza, Siviglia, ecc. Il governo impedì l’intervento delle forze dell’ordine per evitare o far cessare gli atti vandalici, che a Màlaga vennero compiuti addirittura con la partecipazione in prima fila delle autorità governative. Ma la politica anticlericale e antireligiosa venne istituzionalizzata dall’articolo 26 della Costituzione repubblicana promulgata nel dicembre del 1931: terribilmente discriminatoria e persecutrice nei confronti della Chiesa. Ciò si manifestò con più evidenza ancora nell’attività legislativa susseguente, che non si può non definire settaria: scioglimento della Compagnia di Gesù, legge del divorzio, soppressione nelle scuole di ogni simbolo religioso, divieto ai religiosi di dedicarsi all’insegnamento, ecc., e infine la cosiddetta «legge di confessioni e associazioni religiose», che rendeva la vita quasi impossibile agli Ordini religiosi e poneva dei limiti al culto cattolico, lasciandolo praticamente all’arbitrio delle autorità municipali.
Non si trattava soltanto della separazione di Chiesa e Stato, ma di un laicismo palesemente settario contro la Chiesa e contro la religione, nonostante il principio di libertà ed eguaglianza proclamato teoricamente come fondamentale dalla stessa Costituzione. Si può ben capire il grave turbamento e l’angoscia dei cattolici spagnoli.
El Socialista, uno dei più significativi in quanto organo del partito più forte del parlamento e del governo, scriveva nell’agosto del 1931: «Bisogna distruggere la Chiesa e cancellare da tutte le coscienze il suo infamante influsso»; e due giorni dopo invitava esplicitamente all’assassinio: «allora furono gli inoffensivi conventi l’oggetto della furia del popolo; siano adesso i loro inquilini le vittime del suo furore».
Tutti gli sforzi compiuti dai vescovi spagnoli per stabilire un dialogo proficuo col governo risultarono completamente inefficaci. L’episcopato protestò energicamente per la tragica situazione creata alla Chiesa dopo la promulgazione della Costituzione.
Ma la violenza rivoluzionaria andò sempre crescendo, mettendo a repentaglio la stessa stabilità del governo, incapace di controllare l’ordine pubblico. Era ormai un clima di terrore e di guerra, in cui la Chiesa veniva presa direttamente di mira; per aizzare le masse contro di essa e le sue istituzioni, si arrivò perfino a far circolare delle accuse mostruose, assolutamente false, che si sarebbero moltiplicate nei primi mesi della guerra: si propagò a Madrid la voce che le suore salesiane distribuivano ai bambini del loro collegio delle caramelle avvelenate, provocando l’assalto e l’incendio del collegio con violente aggressioni alle suore, alcune delle quali rimasero gravemente ferite.
Molti vescovi o sacerdoti sarebbero potuti fuggire, ma restarono al loro posto, pur sapendo cosa li aspettava, per non abbandonare la loro gente. Non colpisce solo l’accanimento con cui si infierì sulle vittime, inermi e inoffensive (per esempio c’è chi fu legato a un cadavere e lasciato così al sole fino alla sua decomposizione, da vivo, con il morto). Ma colpisce ancora di più la volontà di ottenere dalle vittime il rinnegamento della fede o la profanazione di sacramenti o orribili sacrilegi. Qua c’è qualcosa su cui non si è riflettuto abbastanza. Facciamo qualche esempio. I rivoluzionari decisero che il parroco di Torrijos, che si chiamava Liberio Gonzales Nonvela, data la sua ardente fede, dovesse morire come Gesù. Così fu denudato e frustato in modo bestiale. Poi si cominciò la crocifissione, la coronazione di spine, gli fu dato da bere aceto, alla fine lo finirono sparandogli mentre lui benediva i suoi aguzzini. Ma è significativo che costoro, in precedenza, gli dicessero: "bestemmia e ti perdoneremo". Il sacerdote, sfinito dalle sevizie, rispose che era lui a perdonare loro e li benedisse. Ma va sottolineata quella volontà di ottenere da lui un tradimento della fede. Anche dagli altri sacerdoti pretendevano la profanazione di sacramenti. O da suore che violentarono. Quale senso poteva avere, dal punto di vista politico, per esempio, la riesumazione dei corpi di suore in decomposizione esposte in piazza per irriderle? Non c’è qualcosa di semplicemente satanico?
E il giovane Juan Duarte Martin, diacono ventiquattrenne, torturato con aghi su tutto il corpo e, attraverso di essi, con terribili scariche elettriche? Pretendevano di farlo bestemmiare e di fargli gridare "viva il comunismo!", mentre lui gridò fino all’ultimo "viva Cristo Re!". Lo cosparsero di benzina e gli dettero fuoco. Qua non siamo solo in presenza di un folle disegno politico di cancellazione della Chiesa. C’è qualcosa di più.
La vittoria del generale Franco concluse la guerra civile e pose fine alla violenta persecuzione della Chiesa. Poi la Spagna, prudentemente, si tenne fuori dalla Seconda Guerra Mondiale rimanendo neutrale.

FILM (1940): L'ASSEDIO DELL'ALCAZAR

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