Dossier sul movimento "Viva Maria!" - documento n° 2

A Siena i tredici ebrei furono uccisi dai senesi, non dai Viva Maria!


I documenti lo confermano


I fatti di Siena. Siena fu l’unica città della Toscana che accolse con un certo ottimismo l’arrivo dei francesi. Perfino l’Arcivescovo Zondadari partecipò, con la coccarda tricolore, all’innalzamento dell’albero della libertà. In due mesi la ricca città venne spogliata dei suoi beni; tutto quanto era trasportabile fu portato via: tonnellate di denaro pubblico e privato, argenteria delle Chiese, etc. Il grano salì a 12 lire lo staio, cifra per la quale Arezzo il 18 aprile 1795 era insorta contro Firenze.
Alle speranze iniziali in Siena subentrò perciò la più profonda delusione e un grande risentimento contro la nuova amministrazione, che i francesi avevano affidato al Commissario Abram, un ebreo di origine francese. Più apertamente che altrove qui gli ebrei parteggiarono per i nuovi arrivati, e i francesi favorirono apertamente gli ebrei anche a discapito dei cristiani. Lo affermano con tutta chiarezza i popolani che assaltarono il Ghetto, come motivazione del loro gesto: «La nazione ebrea la quale è notorio ricevesse dai Francesi in occasione della loro invasione delle distinzioni e parzialità superiori a molti meritevoli soggetti cattolici» (14).
Tutti gli inquisiti e i condannati per l’assalto al Ghetto ebraico furono senesi, chiamati anche con il loro soprannome, «specialmente un certo giovinotto di capello rosso che fu quello che con l’accetta atterrò la porta» di una casa del Ghetto: era Lorenzo Regoli, detto il Rosso; insieme a lui c’era Luigi Guerrini ed altri popolani (15). I nomi dei condannati sono, oltre ai già nominati, Assunto Provedi, Pietro Trinci, che uccise due ebrei, Servi Isacco, Moranti Giovanni, ecc., tutti senesi.
I fatti avvennero «nell’occasione dell’ingresso in questa stessa città delle Truppe Aretine» (16). La plebaglia approfittò della confusione e della fuga dei francesi in Fortezza per vendicarsi, assaltando il Ghetto al grido di «soldi, soldi, quattrini, quattrini» (e non «Viva Maria» !!!).
I capitani aretini, accortisi di quanto stava succedendo, «misero sentinelle al ghetto» per evitare ulteriori crimini (17) e si cercò perfino di recuperare la refurtiva per restituirla ai danneggiati (18); refurtiva che fu trovata anche ad Asciano.
In un fascicolo dell’archivio senese si trova la proposta di una benemerenza per il Capitano Antonio Panzieri, «Tenente della Truppa Aretina, che venne in Siena il dì 28 giugno per scacciare i Francesi da questa città, si è sempre portato onestamente da Ufficiale d’onore, non avendo mai dato da dire né pensare la minima cosa contraria ad un vero cattolico ed onestissimo ufficiale» (19).
Considerando che si trattò di una guerra di liberazione popolare (e sappiamo quanto queste siano aspre e talvolta feroci), si può concludere con Angiolo Lorenzo Giudici, testimone dei fatti, che in tutta l’insurrezione del 1799 «gli Aretini si fecero impegno di non oltrepassare i confini della giustizia e dell’equità» (20).
Antonio Bacci e Santino Gallorini
Fonte: "Il «Viva Maria» non fu antiebraico
e gli Aretini non furono massacratori"
Note
(14) Archivio di Stato di Siena, Governatore, 309, n. 4; novembre 1799.
(15) ASS, Capitano di Giustizia, 284, n. 48
(16) ASS, Governatore, n. 19.
(17) ASS, Governatore, 284, n. 48.
(18) ASS, Capitano di Giustizia, 286, 230.
(19) ASS, Governatore, dicembre 1799.
(20) Lettere sopra la condotta degli Aretini nella loro insurrezione del 1799, n. 10.

VIVA MARIA E NAZIONE EBRAICA

Santino Gallorini è autore del documentatissimo libro
"Viva Maria e nazione ebraica. I fatti di Monte San Savino e Siena"
con presentazione di Franco Cardini e Roberto Salvadori
e con la riproduzione dei documenti originali dell'epoca
Edizioni Calosci Cortona, 2009

LA TARGA DELLA MENZOGNA


Menzognera targa posta accanto alla sinagoga di Siena
I documenti confermano che non fu responsabilità del Viva Maria
(tra l'altro gli ebrei bruciati dai senesi furono quattro e non tredici)

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