Conferenza n.33 del 19 settembre 2009
Ospite: Rino Cammilleri / Argomento: Scienza

LA CHIESA SI ATTENNE ALLA RAGIONE PIU' CHE LO STESSO GALILEO
La Chiesa non ha mai avuto paura della scienza, anzi l'ha promossa

Rimango sempre un po' perplesso quando vengono date eccessive responsabilità alla Chiesa Cattolica sul caso Galileo. È chiaro che quello che era in gioco era l'unità del sapere e non l' astronomia, e la Chiesa da secoli garantiva quest'unità culturale.
Per S. Tommaso ogni oggetto esige un suo metodo (Summa Theologica II,II q.1), ma i diversi campi del sapere hanno un significato unico: non a caso la cultura cristiana medievale si esprime nell' università (un verso unico).
Con gli strumenti culturali e scientifici dell'epoca difficilmente la Chiesa Cattolica avrebbe potuto dare un giudizio diverso da quello che diede, ed è storicamente assurdo pretendere che potesse assumere quelle posizioni che assumeremmo noi oggi, ricchi del bagaglio culturale e scientifico di altri 400 anni. Il caso Galileo è una vicenda che nasce e si conclude all' interno della Chiesa, ma anticlericali e massoni hanno tutto l'interesse a mantenere la frattura tra fede e scienza usando Galileo contro la sua stessa fede, così eroicamente dimostrata quando per amore alla Chiesa scelse di pronunciare la sua abiura.
La Chiesa non poteva avere paura della scienza per il semplice motivo che quello che Galileo sosteneva all'epoca non era ancora scienza: la teoria tolemaica e aristotelica facevano scuola da due millenni, e la Chiesa riconosceva come scienza quello che tutti riconoscevano come tale.
Tuttavia già papa Paolo III amava farsi mostrare da Copernico in visita a Roma i pianeti medicei, e restò aperto all'ipotesi dell'eliocentrismo tanto che lo scienziato polacco gli dedicò un suo libro.
Ecco quello che scrive San Roberto Bellarmino, il cardinale che per primo ebbe a che fare con Galileo, in una lettera del 12 aprile 1615: "Dire che la terra si muova ed il sole stia fermo è benissimo detto, e non v'ha pericolo alcuno. Quando ci fosse vera dimostrazione che il sole stia al centro del mondo, allora bisognerà andare con molta considerazione in esplicare le Scritture,… e dire piuttosto che lo intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tale dimostrazione finchè non mi sia mostrata".
San Bellarmino dimostra quindi una notevole apertura alla possibilità presentata da Galileo, fino al punto di essere disposto a ridiscutere la lettura della Bibbia. In fondo però cosa chiede San Bellarmino a Galileo? le prove, quelle prove che Galileo non porterà mai. Infatti la conferma del moto della terra si avrà solo con Newton, ma prove precise si avranno solo con Bradley (1725), con la scoperta della parallasse stellare nel 1827 e infine con Foucald nel 1851.
Galileo pretendeva che tutto il mondo scientifico e la Chiesa si inchinassero davanti ad una sua intuizione che solo nei secoli successivi si dimostrerà giusta.
La sua era una pretesa che dal punto di vista scientifico sarebbe ritenuta anche oggi inaccettabile. Egli aveva contro tutto il mondo scientifico, da Cartesio a Keplero che contestava le prove(le maree) portate dallo scienziato pisano a favore dell'eliocentrismo, e perfino nel secolo successivo scienziati come Laplace e Poincaré ritenevano ancora che l'eliocentrismo fosse una pura ipotesi.
La Chiesa riconobbe con notevole anticipo rispetto alle conferme scientifiche la validità dell'ipotesi galileiana, già a metà del '700, e poi nel 1822 con Pio VII, quando ancora mancavano alcuni elementi per le prove definitive: era impossibile pretendere che la Chiesa del XVII secolo, contro tutto il mondo scientifico, riconoscesse per vero quello che Galileo affermava: per questo gli chiese di parlare per ipotesi ("ex suppositione").
Il card. Ratzinger nel 1992 citava il filosofo agnostico Feyerabend: "La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galilei fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione".
Infatti quello che successe in seguito non appartiene più al discorso scientifico: i discepoli di Galileo andavano tra la gente dicendo che la Bibbia sbagliava e andava corretta, affermando una verità parziale che poco serviva alla educazione del popolo. Galileo amava qualificarsi anche come filosofo, e forse avrebbe fatto meglio a limitarsi ad attaccare come puro scienziato il sistema scientifico tolemaico, anziché la Bibbia. Galileo, cattolico e padre di due monache, era stato difeso dal Sant'Uffizio anni prima sulla questione delle comete, ora Papa Urbano VIII cercava paternamente di fargli capire che le sue ipotesi stavano sconfinando in un terreno diverso dalla scienza, e voleva anche evitare ulteriori fonti di rottura col mondo protestante, rigidamente anti-eliocentrico. Anche Giovanni Paolo II nel suo discorso "riabilitativo" di Galileo del 1992 afferma: "Come la maggior parte dei suoi avversari Galileo non fa distinzione tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura di ordine filosofico che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili".
Galileo pubblicherà ugualmente il Dialogo, in cui farà apparire Urbano VIII come uno sciocco: è solo a questo punto che scatta il caso Galileo nella parzialità con cui ci è stato tramandato, a questo punto un caso politico interno alla Chiesa, e non più un caso scientifico: Galileo contravvenne a tutti i consigli del Papa, per questo venne condannato, come ben spiega Luigi Negri in Controstoria.
Nel frattempo il card. Bellarmino era morto, ed il processo venne condotto a termine da alcuni gesuiti, tra il dispiacere del Papa e la disapprovazione di molti nella Chiesa: è sbagliato dire che la Chiesa tutta di allora in quanto tale lo avrebbe condannato. Galileo abiurò per amore alla Chiesa e occorrerebbe lasciarsi interrogare da questo suo grande gesto. In seguito visse in una villa messa a disposizione da un ecclesiastico e sua figlia Suor Celeste fece per suo padre la "terribile" penitenza comminatagli dal S. Uffizio: recitare i salmi penitenziali.
La sua abiura non compromise il progresso scientifico successivo: scienziati come Ampère, A. Volta, l'abate G. Mendel e J. Von Neumann (padre dei computer) erano tutti cattolici. L'esito negativo del caso Galileo fu la contrapposizione tra mondo scientifico e religioso e la sistematica attribuzione di merito a Galileo di tutto quello che la scienza produceva, pur di avversare la concezione religiosa della vita. In realtà l'incomprensione fa parte da sempre della storia di ogni genio.
Un secolo prima il chirurgo francese A. Paré, il primo a usare fili di sutura per le ferite e a praticare la legatura delle arterie, fu deriso dai colleghi che lo chiamavano "il sartino", ma per fare queste scoperte non ebbe bisogno di conoscere il metodo galileiano, né di contrapporre scienza e fede, infatti creò il celebre motto "Je le pansai, Dieu le guérit".
Il mondo scientifico in seguito nella sua conquistata autonomia non dimostrò tuttavia meno rigidità dei gesuiti con Galileo: nel 1628 l'inglese Harvey scoprì la circolazione del sangue e venne condannato come pazzo, eppure in Inghilterra all'epoca la Chiesa Cattolica era del tutto inesistente da decenni: da dove arrivava allora questa ostilità verso la scienza?
Il medico francese Laennec, il primo a intuire l'origine batterica specifica della tubercolosi ed inventore dello stetoscopio e Mesmer, creatore della psicoterapia, vennero emarginati dal loro mondo scientifico, ma anche lì la Chiesa non c'entrava.
Ma l'esempio più clamoroso di emarginazione è quello dell'ungherese Ignazio Semmelweis che a Vienna ridusse la mortalità da sepsi puerperale dal 12% allo 0,5% in soli due anni, contro la mortalità del 33% del suo direttore Klein che con altri baroni universitari fece in modo che Semmelweis fosse licenziato, esposto alla pubblica derisione, perdendo la cattedra universitaria, finendo i suoi giorni in manicomio dove subì anche sevizie fisiche.
Rispetto a Galileo le differenze sono molte: innanzitutto in gioco c'era la vita concreta di donne che partorivano e non una semplice teoria astronomica senza incidenza diretta sulla vita concreta della gente, quindi l'errore aveva conseguenze dirette sulle persone. Inoltre, Semmelweis aveva portato prove più che evidenti delle sue ipotesi, e aveva dalla sua parte almeno cinque grandi medici della Scuola Viennese (tra cui Herba, Rokitansky) che difendevano anche pubblicamente la sua teoria, mentre Galileo aveva contro tutto il mondo scientifico della sua epoca e quindi l'errore scientifico dei gesuiti è stato meno grave. L'errore degli avversari di Semmelweis invece continuò a permettere che donne concrete morissero nella loro "clinica della morte", mentre l'errore dei gesuiti non ha fatto mai morire nessuno, a conferma della principale preoccupazione della Chiesa che ancora oggi al di là delle possibili incoerenze non perde mai di vista l'essenziale e cioè il bene delle persone.

Fabio Sansonna
Fonte: Journal of Medicine and the Person, 20/03/2006
Pubblicato su BastaBugie n.227


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