Conferenza n.79 del 3 marzo 2017
Ospite: Roberto Marchesini / Argomento: Matrimonio

NELLA GIOIA E NEL DOLORE, NELLA SALUTE E NELLA MALATTIA
Il matrimonio non funziona come un'azienda, dove se sono più le uscite delle entrate si rischia il fallimento; nel matrimonio si deve continuare a donare all'altro anche quando non si riceve più

Parlare di matrimonio oggi, in una società edonista in cui facciamo solo ciò che ci dà piacere e si butta tutto ciò che invece ci infastidisce ed impedisce la nostra felicità, non è facile. E non è facile farlo nei termini in cui lo fa Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta, esperto di problemi e tematiche familiari, ospitato venerdì 3 marzo per la terza volta dal Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese.
Egli scardina senza indugio la visione del matrimonio che dagli anni '70 in poi si è andata diffondendo, soprattutto grazie ai Media, secondo la quale ci si sposa per essere felici e l'altro è lo strumento della nostra felicità. Purtroppo nella realtà dei fatti possiamo constatare che davvero non funziona in questo modo. Questo fomenta soltanto la nostra insoddisfazione perché l'altro non potrà mai soddisfare tutti i nostri bisogni e viceversa. Al contrario di quanto siamo soliti pensare le coppie non si lasciano perché litigano troppo, anzi il 70% delle coppie che si lascia in realtà non litiga.
Si lasciano perché si sono sposate per il motivo sbagliato, alla ricerca di questa felicità.
Il motivo che dovrebbe spingere i giovani a sposarsi è per prendersi cura dell'altro e ricercare la sua felicità anziché la propria. Il matrimonio non dovrebbe essere il culmine dell'innamoramento bensì l'inizio dell'amore, cioè di quella decisione presa con tutta la volontà di amare e quindi sacrificarsi per l'altro. Pensare a noi stessi e ai nostri bisogni non ci rende felici, basti pensare a quanti hanno soldi, successo, carriera ma arrivano a suicidarsi. Non è soltanto il pensiero cattolico a dirlo ma anche filosofi illustri del passato come Aristotele, Platone, Kierkegaard hanno sempre sostenuto che senza l'apertura verso l'altro l'uomo non potrà mai essere felice.
Nella formula che pronunciamo quando celebriamo il matrimonio in chiesa, promettiamo di essere fedeli all'altro sempre, “nella gioia e nel dolore”, cioè non solo quando l'altro sta male ma quando siamo noi in prima persona a stare male e di “amarlo e onorarlo tutti i giorni della mia vita”. Quella che pronunciamo è una promessa solenne, è un impegno grande che ci assumiamo di portare avanti fino alla morte, per sempre. La Chiesa Cattolica ha chiamato il matrimonio sacramento, perché il Sacramentum era il giuramento di fedeltà che facevano i gladiatori allo stato romano. Il matrimonio è questo giuramento che ci permette di dare uno scopo bello e alto alla nostra vita, per non restare chiusi in noi stessi e nella nostra mediocrità. Che lo ammettiamo o no, tutti abbiamo bisogno di obiettivi e sentiamo che c'è una grandezza e una bellezza in questi obiettivi alti che ci attrae. Prendersi cura dell'altro dimenticando noi stessi è un'impresa epica ma è il vero significato dell'amore, come ci ha dimostrato chiaramente Gesù Cristo donando tutto se stesso sulla croce per noi. Dopo questa bella e doverosa premessa, Marchesini, da buon psicoterapeuta ci ha dato anche dei consigli più “spiccioli” e concreti, per cercare di rendere l'aria all'interno della coppia più serena. Innanzitutto, dobbiamo prendere atto delle differenze che sono presenti fra uomo e donna e, con umiltà, accettarle, mentre egoisticamente ci verrebbe voglia di cercare di cambiare l'altro.
Ad esempio, l'uomo è più silenzioso della donna, la quale invece ha più bisogno di parlare. E' inutile stressare un uomo in silenzio pensando che abbia qualche problema, perché in realtà si sta solo rilassando. Così come è inutile chiedere ad una donna di tacere quando ha bisogno di sfogarsi; l'uomo dovrà solo capire che in quel caso non deve trovare alcuna soluzione ma solo ascoltare.
E' tutta questione di imparare a parlare il “linguaggio” dell'altro. Altro consiglio molto utile per affrontare una discussione è quello di chiedersi “Che cosa posso fare io per migliorare la situazione?”, perché puntando continuamente il dito verso l'altro non si fa che alimentare un litigio che non terminerà mai; a volte il coniuge ci rimprovera di aver eseguito male qualche lavoro; chiediamogli con calma dove abbiamo fatto male e ringraziamolo per la correzione, aggiungendo che noi abbiamo fatto del nostro meglio. La nostra mitezza smorzerà il furore, i toni si distenderanno ed impareremo anche a comunicare in modo più proficuo. La miglior difesa, ha spiegato Marchesini, è non difenderci affatto, perché l'altro non è un nostro nemico, bensì l'unico vero amico che abbiamo, il compagno di vita che sarà sempre accanto a noi, quando persino i figli che avranno spiccato il volo nel mondo, non ci saranno. Dire le cose chiaramente e chiedere ciò di cui abbiamo bisogno è un esercizio che soprattutto noi donne dobbiamo fare senza aspettare che il marito intuisca, perché molto difficilmente lo farà. Infine un consiglio anche per quelle situazioni in cui un attaccamento troppo morboso di uno dei due coniugi con la mamma rischia di rovinare il matrimonio: arrabbiarsi e tentare di interrompere questo legame otterrà esattamente l'effetto contrario a quello sperato, cioè un'alleanza fra mamma e figlio/a contro di noi. Molto meglio impegnarsi per renderci più desiderabili e amabili della mamma, lasciando libero il coniuge di scegliere e trattandolo così da adulto; piano piano egli capirà che è molto meglio amare e dedicare del tempo a chi ci ama trattandoci in modo maturo che non a colei che ancora ci tratta in modo infantile.
Il matrimonio, ha poi concluso Marchesini, è un'uscita verso il fuori e non funziona come un'azienda, dove se sono più le uscite delle entrate si rischia il fallimento. Si deve continuare a donare all'altro anche quando non si riceve più. Ciononostante, sarà più facile ricevere se avremo lasciato libero l'altro di riempire il proprio “bicchiere”, dal quale egli attingere l'energia per donarsi a noi. Gli uomini hanno bisogno di sport e amicizie maschili mentre le donne di cura di sé e di amicizie femminili; entrambi poi necessitano di interessi e spiritualità.
Impegnarsi per riuscire in questa meravigliosa sfida significa realizzarci in modo autentico perché avremo realizzato la nostra vocazione; e con l'aiuto di Dio, dato che questa è la sua volontà su di noi, il successo è garantito.

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